Prima battaglia
mio padre me lo lo aveva detto, lui era vecchio a quel tempo, di queste cose ne
aveva viste abbastanza.
"non lo fare, non partire" mi aveva detto " in quella giungla per sopravvivere
dovrai stare attento sia agli amici che ai nemici; non avrai mai un momento di
pausa , e se ci sara' sara' sempre troppo breve. lascia stare i tuoi sogni, e'
troppo pericoloso. cosa vuoi cercare la gloria? lascia stare, stai a sentire il
tuo vecchio padre.
ma io non lo ascoltai, era troppo chiaro quello che volevo fare, dovevo partire,
andare lontano da questo piccolo paese e essere protagonista, diventare un eroe.
cosi' partiii, assieme ad altri ragazzi come me, eravamo tutti giovani, tutti
della stessa eta', pressapoco. tutti con lo sguardo fiero per nascondere la
paura, tutti desiderosi di farci notare, per quanto fosse possibile, tutti per
bruciare le tappe e raggiungere la gloria.
arrivammo al campo, e subito ci diedero degli alloggi, molto umili e poco
confortevoli, e ci diedero la divisa :" dovete essere fieri della divisa che
portate, e' un onore per voi essere qui, e dovrete dimostrare di esserne degni".
ci disse un uomo dallo sguardo cattivo; sarebbe stato lui che ci avrebbe
istruito, forgiato il corpo e la mente, ci avrebbe resi pronti per quello che
era il nostro futuro.
eravamo giovani...
l'esercizio fisico era massacrante, ricordo che arrivavo alla mia branda
sfinito, dormivo senza mangiare a volte, ma era necessario, diceva, dovevamo
diventare forti, e sapere cosa fare in ogni situazione, e dovevamo sviluppare la
resistenza alla corsa, sarebbe stata indispensabile.
gli orari erano stretti e bisognava rispettarli, se non lo facevi dovevi fare
qualche mezzora di esercizio in piu', e si era cosi' stanchi alla fine, che solo
arrivare a letto era un impresa.
poi iniziammo a fare le esercitazioni nel campo, e li imparammo ad essere una
squadra, a darci una mano quando serviva, ad aiutarci l'un l'altro per
raggiungere gli obbiettivi, a tirare con precisione. dopo soli tre mesi eravamo
pronti, pronti a raggiungere gli altri, a far parte dello squadrone. era un
sogno, un sogno che si realizzava.
nei primi mesi non fui utilizzato molto spesso. facevamo delle esercitazioni, e
di tanto in tanto andavo con loro, giusto per farti respirare l'atmosfera,
dicevano, ed io ero affascinato ,sebbene completamente impaurito.
la prima volta , poi, fu traumatica.
appena arrivammo incominciarono i botti, e poi un rumore assordante senza fine,
come ad accoglierci. noi eravamo pochi, loro tantissimi, e tutti che ci
odiavano. rimasi defilato, cercando di non farmi notare, mentre sul campo, i
miei compagni si battevano come leoni, riuscendo incredibilmente a non perdere.
ma nessuno vinse quella volta. guardavo i miei compagni che rientravano dopo
quella lotta nel fango, chiaramente a difendersi da un attacco troppo forte, e
riuscendo ogni volta a ricacciare indietro gli avversari.
negli occhi potevi leggergli la stanchezza, ma anche la felicita': era finita.
poi venne il giorno. mi dissero che quella sera avrei partecipato all'azione,
sarei stato uno di loro. dovevo starmene li, buono buono, ed aspettare che fosse
il mio turno, e disserro che contavano molto sull'aiuto che poteva dargli.
la sera non riuscii a dormire, tanta era la tensione, tanta era la paura e la
voglia di essere gia li, interrompere la sofferenza dell'attesa, e vedere se
sarei stato in grado di vincere le mie paure. alla mattina ci diedero una buona
colazione, poi salimmo sul mezzo e andammo verso il campo. a bordo, nessuno
aveva voglia di parlare, si poteva sentire la tensione nell'aria e nelle anime,
era una giornata decisiva e avrebbe potuto essere la svolta, il momento che
tutti aspettavano.
poi fummo li, ci preparammo mentre intorno a noi c'era l'inferno, e iniziammo,
attaccando. lo rimasi fuori, a guardare attonito quello spettacolo, ma quando
compagno fu ferito, sanguinava, mi dissero che toccava a me.
tutto si mosse al rallentatore. vedevo le facce dei miei compagni parlottare,
l'esperienza data dalle infinite volte che si erano trovate in quella
situazione, lo sguardo di chi non ha paura, che sa cosa deve fare. vedevo me
stesso entrare nel vivo della battaglia, con le gambe che tremavano, lo sguardo
insicuro e la paura negli occhi. vidi i miei nemici, con un altra divisa, anche
loro col volto stanco, sporco di fango e con la voglia che tutto finisse in
fretta.
ma stavamo vincendo, e la gloria sarebbe stata anche mia. sempre al
rallentatore, arrivai nella mia posizione mentre intorno a me sentivo migliavia
di voci che urlavano, e sembrava che urlassero tutte contro di me.
vidi l'odio delle loro facce, pronte a scagliarsi contro di me.
poi il tempo riprese normale, ci fu un fischio, mi passarono la palla e come
svegliandomi da un'incantesimo,mi scordai tutte le paure ed iniziai a giocare.